Gli Esterházy, una delle più importanti famiglie aristocratiche d’Europa, si sono radicati attraverso i secoli nella storia ungherese e asburgica. Si tratta, quindi, di una storia europea e, infatti, Harmonia Cælestis, questo monumentale “romanzo familiare”, è stato salutato alla sua apparizione come un’“epopea nazionale”. La prima parte del romanzo è strutturata come un puzzle, una cornucopia di leggende, cronache, miti ed episodi, un mosaico di testi, risalenti al sedicesimo secolo, in cui campeggia sempre la figura di un unico “padre”. Una saga familiare diventa il perno di una storia dell’umanità o, più esattamente, di quella nobiltà, non solo mitteleuropea, che viaggiava, studiava, stabiliva innumerevoli relazioni e si sentiva ovunque a casa propria. Di volta in volta, il “padre” è don Giovanni e buono a nulla, magnate ed erudito, vescovo e costruttore edile, pazzo e tiranno, ambasciatore e primo ministro: un passepartout per il tutto, illimitato e inesauribile come il potere della famiglia nel corso della storia. La seconda parte racconta la vita di una famiglia aristocratica nel ventesimo secolo sotto la dittatura, dalla repubblica dei Soviet del 1919 fino ai tempi più recenti. È una storia di espropriazione, sradicamento, impoverimento: la storia di una famiglia di fronte al niente. Tra questi due poli, il tutto e il niente, si muove il destino degli Esterházy.